19 Desolfatore-mantenitore per batterie
al piombo.
Desulfator-trickler
for lead-acid batteries.
Uno dei
problemi che affliggono le batterie al piombo é la solfatazione delle piastre.
In una batteria, lasciata scarica a lungo, le piastre tendono a ricoprirsi di
sali di zolfo. Questi sali isolano il piombo dall’elettrolita, causando di
fatto una riduzione della superficie attiva delle piastre. Una normale ricarica
non riesce a ristabilire le condizioni
iniziali, per cui la batteria potrebbe non essere più in grado di
svolgere il compito a cui era demandata, ad es. l’avviamento di un motore
automobilistico.
Un trattamento con impulsi a tensione più elevata (40-60
Volt) di quella fornita da un normale caricabatteria riporta lo zolfo in soluzione
nell’elettrolita, ripristinando la
capacità iniziale o quasi. L’apparecchiatura che svolge questo compito è
comunemente chiamata “desolfatore“ o “desolfatatore”. Ovviamente un desolfatore
è totalmente inutile se la batteria è danneggiata, come ad es. con uno o più
elementi in corto o con le piastre disgregate.
In Internet circolano molti schemi elettrici in proposito,
ma voglio egualmente esporre il mio approccio all’argomento, in quanto il
desolfatore che propongo è progettato
per essere alimentato dalla rete c.a. e lasciato connesso alla batteria in
permanenza, tale che questa venga mantenuta costantemente alla tensione di 13,8
Volt, prevenendo l’autoscarica. Personalmente uso di rado l’automobile e
talvolta accade che la batteria installata faccia cilecca, specialmente in
condizioni di bassa temperatura ed umidità elevata. Pertanto mi è molto comodo
avere a disposizione una batteria di emergenza completamente carica (e
desolfatata).
Lo schema elettrico:
L’integrato 40106
genera impulsi di tensione rettangolari molto stretti, a circa 2 kHz, che vanno
a pilotare il gate del mosfet IRFBC30. Sul drain ritroviamo tali impulsi
innalzati di tensione, che vengono inviati alla batteria attraverso il diodo
veloce BYV16. Il condensatore da 0,1 MF 1000 VL in parallelo alla batteria si
carica al valore di picco degli impulsi. Nel mio prototipo si leggono
una cinquantina di Volt. Tale condensatore ed il relativo diodo 1N4007 servono
solo per constatare il corretto funzionamento al termine del montaggio, ma poi possono essere tolti. Il mosfet
lavora a 28 Volt (ottenuti duplicando i 12 Volt del trasformatore di
alimentazione), il che consente di avere degli impulsi
piuttosto “robusti”. L’integrato TL081
legge la tensione della batteria e, quando questa tende a superare i 13,8 Volt,
disattiva il 40106.
E’ necessaria una semplice taratura. Innanzitutto, in fase di assemblaggio, si sarà evitato di installare il toroide sul drain del mosfet. Si applica una tensione di 13,8 Volt al posto della batteria, tramite un alimentatore variabile stabilizzato. Si regola il trimmer potenziometrico da 22 kohm in modo tale che se i 13,8 Volt diminuiscono, il led sul pin 6 del TL081 si accenda, e si spenga se la tensione aumenta.
Nel funzionamento normale, connessa la
batteria da trattare, il led resterà acceso in continuità per un certo tempo,
poi prenderà a lampeggiare alla frequenza di circa 1 Hz una volta che la
batteria ha raggiunto i 13,8 Volt, indicando che è in mantenimento e che tutto
funziona regolarmente. La seconda regolazione riguarda il trimmer da 47 kohm
sul 40106, per stabilire un duty-cycle del 3-5 % dell’onda quadra di pilotaggio
del mosfet. Terminata la taratura, si potranno collegare il toroide e la
batteria. Questa dovrà essere preventivamente ricaricata con metodi tradizionali,
se scarica, altrimenti il processo di ricarica/desolfatazione con lo strumento
descritto richiederebbe tempi molto lunghi. Collegare una batteria prima di
accendere l’apparecchio. Attenzione, che
in assenza di una batteria sono presenti picchi di tensione elevata che
potrebbero danneggiare il circuito.
Lo schema è previsto per batterie da 12 Volt, ma sostituendo lo zener da 6,8 Volt sul pin 2 del TL081 con uno da 3,3 Volt dovrebbe andar bene anche per batterie a 6 Volt. Dico “dovrebbe” poiché non ho ancora testato questa variante. Mi propongo di farlo non appena troverò una batteria a 6 Volt incivilmente abbandonata accanto al cassonetto dei rifiuti…
In foto un primo prototipo, su circuito sperimentale “alla genovese”, con ic 555, successivamente sostituito dal 40106: